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    Grotta del Cavone (Majella)

    Il vallone delle Tre Grotte ci piace; selvaggio, verde, panoramico, si presta a bellissime escursioni in particolare nella stagione autunnale quando i vasti boschi, che ricoprono ogni versante della valle, si "accendono" di colori. Anche la segnaletica è molto colorata, bandierine bianco-rosse e giallo-rosse, frecce blu, pallini gialli, cerchi rossi, insomma qualcuno ha dato sfogo ad ogni fantasia pittorica. Anche se le intenzioni erano lodevoli i risultati non sono certo soddisfacenti, troppa vernice e troppi colori non fanno certo un bell'effetto. Meritevole invece il taglio dei rami dei pini mughi che ostruiscono il sentiero. In tutta la Majella quest'albero si sta riappropiando del terreno perso a causa della pastorizia e di fatto sta cancellando ogni traccia di mulattiera, come nel sentiero che attraversa la valle delle Tre Grotte poco più a monte di questo (vedi Il Vallone delle Tre Grotte), ormai quasi impraticabile.

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    Il Vallone d'Angora (Gran Sasso)

    La valle d'Angri è l'ultima grande valle (verso est) del settore orientale del Gran Sasso. Inizia poco sopra Farindola e termina sulla piana di Campo Imperatore; molto aperta in basso, nel tratto mediano diventa una vera e propria gola: il vallone d'Angora. Qui tra alte pareti verticali si snoda il tratto più suggestivo di questa escursione. Una delle prime pareti ha anche un nome, il "Becco dell'uccellaccio" o "Becco dell'aquila" per la sua caratteristica conformazione. Anche altre pareti della zona hanno nomi propri, la "Nave", i "Merletti", "Lo Scoglio dei Camosci", tutte strutture conosciute molto bene dagli arrampicatori che le hanno attrezzate e le frequentanto da molti anni. La valle è ricca anche d'acqua: le sorgenti del Tavo e del Vitello (o della Vitella) d'oro (dalla leggenda dove si narra di alcune donne che, mentre attingevano dell'acqua, videro un vitello di colore giallo-oro) alimentano il secondo acquedotto più grande d'Abruzzo. D'altra parte siamo sotto Campo Imperatore, uno dei più grandi sistemi carsici del centro Italia. Peccato che di quest'acqua non rimanga nulla in superfice; in alto per via del carsismo, in basso per via delle condotte, nella stagione calda il letto del torrente è completamente asciutto già all'alteza di Porte di Fonno, a circa 800 m. Se si vuole ammirare la cascata del Vitello d'oro, situata poco a valle del Mortaio d'Angri, occorre visitarla nel periodo dello sciogliento delle nevi, l'unico momento in cui la portata d'acqua è significativa.

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    Cresta delle Malecoste (Gran Sasso)

    La cresta delle Malecoste è il crinale che va dalla sella omonima al monte Cefalone. E' una cresta molto, molto, panoramica; da qui si possono ammirare tutte le valli principali del settore occidentale del Gran Sasso, la valle del Chiarino, del Venacquaro, la val Maone ed inoltre alcune delle cime più importanti e maestose del gruppo: monte Corvo, Pizzo Intermesoli e naturalmente il Corno Grande. Proprio per questo risulta abbastanza frequentata e apprezzata; il sentiero è segnalato (segni di vernice molto scoloriti) ed eccetto il primo tratto dove non sempre la traccia è netta, il percorso risulta molto intuitivo anche perchè si svolge prevalentemente in cresta. La si può percorrere iniziando da Campo Imperatore (Fonte Cerreto) oppure, come riportato sotto, da sopra San Pietro; in entrambi i casi conviene lasciare un'auto dove si decide di scendere, chiudendo così un anello. Tra il luogo di partenza e quello di arrivo ci sono solo pochi chilometri di strada e quindi risulta facile organizzarsi con le auto. L'itinerario presenta alcuni tratti molto esposti e a volte occorre anche appoggiare le mani. Niente di particolarmente difficile ma comunque è richiesto un minimo di esperienza e di allenamento.

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    Via Cieri (Monte Infornace, Gran Sasso)

    Il versante meridionale del monte Prena è caratterizzato da pinnacoli, balze rocciose e canaloni incassati. Questo caos di rocce è solcato da tre itinerari molto simili tra loro: la via dei Laghetti, la Brancadoro e la Cieri. La via Cieri è la più semplice delle tre elencate ed è quella che non arriva in cima al monte Prena bensì termina sul vicino e poco appariscente monte Infornace. E' un itinerario che presenta alcuni passaggi alpinsitici di I grado, occorre infatti superare brevi paretine rocciose dove occorre aiutarsi con le mani. Nella parte inziale l'itinerario si svolge per lo più nel letto asciutto di un torrente. L'acqua qui è presente solo durante i temporali e nel periodo dello scioglimento delle nevi, due momenti sicuramente da evitare. Questo sentiero è stato inaugurato nel mese di agosto del 1986 ed è dedicato a Raffaele Cieri Pugliese, medico degli alpini, decorato con medaglia di bronzo al valore militare. Un alpino come Adelelmo Brancadoro, capitano e decorato con la medaglia d’argento al valor militare a cui è dedicato l'itinerario che corre a poca distanza.

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    Grotta del Capraro (Monte Corvo - Gran Sasso)

    La grotta del Capraro è la grotta pastorale più alta (come quota) del Gran Sasso ed è posizionata in uno dei posti più scomodi e impervi del monte Corvo. Il versante sud di questa montagna è caratterizzato da una lunga e articolata fascia rocciosa inervallata da cengie e canaloni. Proprio tra queste balze rocciose, in uno dei numerosi antri, è rimasta una testimonianza della vita pastorale di un tempo passato. A circa 2400 m di quota, difficile da raggiungere, a picco sulla valle e circondata da dirupi, la grotta ha ospitato pastori e capre; queste ultime sicuramente a loro agio tra le ripide pareti. Oggi lo stazzo non è più in uso (fortunatamente per il pastore) e le capre sono state rimpiazzate dai camosci; anche loro a proprio agio. Il toponimo "Grotta del Capraro" non è riportato sulle carte topografiche, lo abbiamo trovato in un articolo di Domenico Gizzi pubblicato sul Bollettino del CAI dell'Aquila del 1995. L'autore dell'articolo, dopo aver compiuto varie ricerche, non è riuscito a risalire all'epoca di utilizzazione del sito che, vista la posizione, si è conservato in modo eccellente. In realtà si tratta di un muretto a pietra, addossato alla parete, che forma una piccolissima camera dove a malapena entra una persona. Se si è dotati di un minimo di fantasia non è difficile immaginare le condizioni di vita dei pastori che hanno abitato queste grotte; l'aggettivo durissime è ancora in difetto e anche Domenico Gizzi nell'articolo citato scrive "... ai limiti estremi della vivibilità".

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    Vallone delle Tre Grotte (Majella)

    La Majella è costellata da grotte pastorali. Cavità, a volte solo accennate, dove i pastori hanno ricavato il loro stazzo. D'altra parte qui la pastorizia era la risorsa economica più importante ed è stata mantenuta fino a poco tempo fa (la grotta Rutilicchie è stata abbandonata solo nel 1995). Una pastorizia spesso non legata alla transumanza orizzontale, quella più conosciuta che dall'Abruzzo arrivava al Tavoliere delle Puglie bensì a quella "verticale", cioè una transumanza tra paese e montagna: la monticazione. D'estate il pastore saliva verso le terre alte, sopra il margine dei boschi, d'inverno scendeva in paese e teneva le pecore nei pressi del borgo. Questo non deve far pensare a condizioni di vita migliori, basta visitare una di queste grotte per rendersi conto (molto approsimativamente) del tipo di vita a cui un pastore era soggetto, a volte di una durezza incredibile. Sullo stazzo sotto il monte Pescofalcone alcuni pastori hanno avuto il bisogno di scolpire questa condizione sui massi sparsi nei dintorni. Numerose mani hanno scritto frasi dove le parole "Mai più" ricorrono spesso. Questo "Mai Più" scritto da persone abituate a questo tipo di vita fa supporre che le condizioni di vita qui erano al limite del tollerabile.

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    Il Sentiero delle Scalette (Monti della Laga)

    Il versante occidentale di Cima Lepri è il più tormentato nel gruppo dei monti della Laga. Ripidissimi canali e crinali rocciosi si alternano per chilometri. Enormi lastroni di arenaria impediscono all'acqua di penetrare nel terreno costringendola così a scivolare nei numerosi fossi dove spesso forma cascate anche molto vistose. Il fosso di Piè di Lepre scende diretto da Cima Lepri formando una serie ininterrotta di salti per oltre 400 metri. A prima vista la zona sembra quasi inaccessibile. Invece, entrandoci dentro si scopre una vasta rete di sentieri. Mulattiere che collegavano i numerosi stazzi dei pastori disseminati su tutto il territorio, spesso in luoghi adatti più alle capre che agli umani. Questi sentieri si inoltravano in luoghi molto accidentati poichè i pastori avevano colonizzato tutti i pascoli possibili, spesso erano larghi e ben tenuti altre volte solo una esile traccia tra l'erba. Oggi sono percorsi di rado e spesso versano in stato di abbandono, l'erba ha invaso parzialmente la traccia e a volte non è semplice individuare il percorso.

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    Monte di Cambio (Gruppo del monte Terminillo)

    Sigillo si trova alla base di valle Scura, una valle molto lunga, boscosa e poco frequentata. Il suo versante settentrionale è ripido e costellato da pareti rocciose. Questo itinerario passa proprio tra queste balze di roccia, su un sentiero abbandonato che risale il colle dei Tratturi ed esce sulla fonte dei Cavalli. Un percorso ardito, a tratti molto esposto e non facile da trovare. In compenso offre affacci molto suggestivi su una natura selvaggia (almeno nel primo tratto). Meta della gita è il monte di Cambio, una delle cime più alte del gruppo.

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    Passo Cattivo (Monti Sibillini)

    Passo Cattivo e Infernaccio: questi due toponimi indicano sicuramente luoghi malefici e pericolosi. Sicuramente lo sono stati in tempi remoti ma oggi il passo è addirittura attraversato da una strada e non fa più paura più a nessuno. Stesso trattamento è stato riservato alle gole dell'Infernaccio, poco più a valle. Il valico mette in comunicazione i due versanti dei monti Sibillini ed era molto usato in passato. Ce lo ricorda Andrea da Barberino che nel suo romanzo cavalleresco fa passare Guerrin Meschino proprio in questi luoghi alla ricerca della fata Sibilla. Eravamo nel XIV secolo! oggi le Sibille non esistono più (probabilmente finirebbero arrestate dalla Buon costume) e questi luoghi sono frequentati solo da pastori ed escursionisti.

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    Pizzo Berro (Monti Sibillini)

    Sui Monti Sibillini non esistono vie ferrate, al massimo possiamo trovare brevi tratti attrezzati con catene o cavi d'acciaio come sulla via del Canalino oppure sull cengia della capre. Anche per raggiungere la cima di Pizzo Berro da sud-ovest occorre percorrere un breve tratto attrezzato con una catena. E' solo un corrimano a cui ricorrrere per pochi metri e permette di superare un risalto roccioso che altrimenti richiederebbe un minimo di capacità alpinistica (passaggi di II grado). Comunemente chiamata "la Ferratina" questo tratto permette di raggiungere la cima di Pizzo Berro salendo dalla val di Panico; una cima molto panoramica a picco sull'alta val Tenna e ottimo balcone su gran parte della catena dei monti Sibillini.

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