Avevo percorso questo itinerario circa 25 anni fa ed ero rimasto colpito dalla bellezza dei luoghi, era autunno e nei boschi era un tripudio di colori. Siamo tornati questa estate, i luoghi ovviamente non sono diventati brutti ma il sentiero che percorre la lunga e mai ripida cresta ovest del monte Cardito, è assai rovinato: a tratti inesistente. Ci siamo resi conto che a volte bastano pochi anni di mancanta frequentazione per far sparire un sentiero secolare.
In basso l'acqua si è incanalata lungo la traccia e ha scavato un solco alto anche un metro, uno "sfegio" continuo. Sui prati invece la vegetazione, felci e rovi per a maggior parte, ha ricoperto le radure e si riesce ad andare avanti solo perchè trattandosi di un crinale, basta non perdere mai quota sui versanti. Dopo il monte Cardito la traccia diventa più marcata ma anche qui non sempre è ben visibile. Trattandosi di un sentiero del Parco (il 134) non dovrebbe essere in completo abbandono; spiace perchè questo crinale offre vedute sulla parte occidentale del Gruppo del Gran Sasso, ed in particolare sul monte Corvo, un luogo di notevole bellezza.
L'escursione è abbastanza lunga, la prima parte un po' monotona tra brevi radure e fitti boschi di faggio, la parte alta invece si riscatta notevolmente con bellissime vedute sul Corvo e sulla valle del Crivellaro.
La cima del colle delle Monache è poco appariscente, è la più alta della zona e quindi può rappresentare una meta. Situata alle falde del versante nord-ovest del monte Corvo delimita le vaste praterie chiamate "Campiglione", pascoli sfruttati ancora oggi da cavalli, pecore e mucche. A questo riguardo fate attenzione ai cani pastori; generalemente si limitano a non farvi avvicinare al gregge ma possono incutere timore a chi non è abituato alla loro "irruenza".
La discesa, se non si vuole ripercorrere lo stesso itinerario, può essere fatta per una pista che taglia orizzontalmente tutto il versante; è abbastanza comoda anche se un po' monotona.
Lungo il percorso si incontrano diverse fonti e sorgenti, sembra di stare sui Monti della Laga ma in effetti, geologicamente parlando, questo territorio è un "pezzo" di Laga incastonato nel Gran Sasso. La roccia è arenaria e non calcare come in gran parte del Gruppo e quindi impermeabile ed incline a formare torrenti e cascatelle. Anche il nome del paese "Nerito" vuol dire "posto dell'acqua" anche se oggi se ne è persa traccia, almeno nelle vicinanze del borgo.
Ma è il bosco, qui, l'elemento naturale predominante; oltrepassato l'abitato di Nerito siamo in piena "foresta". In gran parte la copertura boschiva è composta da faggio, almeno sopra i 1000 m è questa l'essenza predominante; oggi siamo così abituati a vedere questo tipo di bosco che rimane difficile immaginare come doveva essere qualche secolo fa, quando uno degli alberi più comune era l'abete bianco. Anche i toponimi ci ricordano la presenza di questa conifera: "Pian dell'Abete" sotto il colle delle Monache, "Abete" proprio sopra Nerito. Questi boschi sono sopravvisuti fino all'inizio del XX secolo poi le necessità belliche e la nascente industrializzazione hanno richiesto sempre più ingenti quantità di legname e questa pianta è stata quella più tagliata: anche perchè più pregiata. Ancora negli anni '70 erano visibili, qui ma anche sulla Laga, enormi esemplari secolari di abete. Oggi sopravvivono solo piccoli nuclei ma si possono trovare giovani esemplari in diverse località; ad esempio in questo itinerario ne abbiamo visti lungo il ciglio della strada, dopo fonte Gelata. Il legname ancora oggi è il motore dell'economia locale; le imprese boschive sono ancora presenti e lavorano a pieno ritmo. Le due manifestazioni più importanti del paese sono legate proprio a questa attività: la festa del Boscaiolo e il Fuoco di Natale. Durante la festa del Boscaiolo, rappresentanti di tutta Italia si sfidano nelle caratteristiche prove di abilità e forza che contraddistinguono questo duro lavoro.
D'inverno quest itinerario si presta ad esere percorso con le ciaspole, almeno fino al limite del bosco; essendo essenzialmente di cresta ha un ridotto pericolo di valanghe (ridotto non vuol dire nullo!).
Un'escursione abbastanza lunga, con luci e ombre.
Accesso
Giunti a Nerito, superata la chiesa, girare a destra e seguire la strada che si inoltra nel bosco. Con diversi tornanti si prende rapidamente quota e giunti a 1140 m circa, dopo circa 3,5 chilometri (dalla chiesa) si parcheggia dove termina l'asfalto.
Salita
Da qui (1140 m circa) si continua sulla pista sterrata che sale a destra nel bosco . Si obliqua verso destra , la pista diventa sentiero (Piana Dum) e si continua tra felci e arbusti per un bel tratto molto rovinato per via dei solchi provocati dall'acqua . Entrati nel bosco si cammina più agevolmente anche se il sentiero rimane sempre molto solcato . A quota 1500 m circa si raggiungono delle radure e la traccia diventa invisibile a tratti; si continua tenendosi prevalentemente sul filo di cresta. Si rientra nel bosco (1630 m circa), attenzione a non seguire più il filo di cresta, e ci si sposta verso sinistra continuando in piano . Si supera la fonte del Papa e la radura dei "Carditi" quindi si passa a pochi metri dalla vetta del monte Cardito (1740 m, 1:40 ore). In leggera discesa si prosegue in un fitto bosco . A 1620 m circa si oltrepassa una breve radura, quindi ancora nel bosco seguendo una vecchia pista per trattori. Raggiunto un bivio (1610 m circa) si prosegue dritti e si esce sui prati. Ancora sul crinale (Corridoio, cippo ) poi si ridiscende ad una sella e si rientra nel bosco su netto sentiero. Un breve tratto e si esce definitavamente dal bosco (stazzo sulla destra, fontanile provvisorio ). Da qui si segue un'esile traccia che prima costeggia il bordo del fosso poi si abbassa lentamente (sorgenti) fino a guadarlo (1700 m circa). Si continua sull'altro versante seguendo una traccia che in piano rientra nella macchia. Raggiunte le prime piante si lascia il sentiero e si prosegue tirando dritti sul crinale, prima tenendosi sul margine del bosco poi per la netta cresta sud-ovest (cippi ), fino alla larga ed erbosa cima del colle delle Monache (1942 m, 3:30 ore, ometto ).
Discesa
Dalla cima conviene prima scendere verso la sella in direzione sud-est poi tirando dritti per prati , senza sentiero, fino allo stazzo dove si riprende il sentiero percorso all'andata. Per questo si torna fino al Corridoio e poi al bivio di q. 1610 m circa. Prendere a destra e dopo pochissimo seguire una traccia nel bosco che scende dritta. Nei pressi di un fosso obliquare verso destra e tenersi su questo lato a pochi metri dal fondo. Nella fitta faggeta (bosco Capezze) si incrocia a q. 1520 m circa la strada sterrata che, verso sinistra, in breve ci fa raggiungere la fonte della Mozza (area pic-nic con tavoli e panche , 1530 m circa, 1:10 ore ). Si oltrepassa un vecchio capannone e seguendo questa lunga pista (circa 6 Km da fonte Mozza al parcheggio ) dopo aver superato diverse fonti (fonte Gelata , fonte Catitto , fonte della Pace) si torna al punto di partenza dopo una sbarra che impedisce l'ingresso alle auto (2:30 ore).
Dati tecnici
- Difficoltà: E
- Dislivello complessivo: 1050 m circa
- Orario complessivo: 5:00/7:00 ore
- Sviluppo complessivo: 21 Km circa
- Segnaletica: assente
Bibliografia
- Gran Sasso - le più belle escursioni - Società Editrice Ricerche
Cartografia
- Carta 1:25000 - Gran Sasso - Società Editrice Ricerche
- Carta 1:25000 - Gran Sasso - Edizioni Il Lupo
- Carta 1:25000 - Gran Sasso - CAI Sezione di L'Aquila